venerdì 5 maggio 2017

La palude famigliare e le relazioni tossiche


Le relazioni tossiche hanno spesso una radice lontana, la FAMIGLIA. I rapporti primari rivivono nel presente. Usciti dalla porta tornano dalla finestra. Come se si volesse tornare sulla scena del delitto sperando che le cose vadano diversamente o per presentarsi questa volta come l’assassino e non come la vittima. Tante, troppe volte, più o meno consciamente, si cercano e si rivivono le stesse dinamiche malsane e distorte che si sono vissute all’interno della famiglia.
 
Prima cosa, forse banale, da capire è che c’è una forte correlazione tra relazioni tossiche del presente e vecchie dinamiche famigliari. Comprendere le dinamiche famigliari, osservarle in profondità, elaborarle diventa in questa ottica un primo passo fondamentale. Pochi lo fanno. È difficile, faticoso, estremamente doloroso. Ma è il primo gradino da salire verso la consapevolezza che porta ad abbandonare definitivamente i legami che ci fanno male. Qualunque essi siano. Per questo vi riporto un brano a mio avviso meraviglioso, estratto da un libro non esaltante.
 
Abbiamo una fiducia cieca nei nostri genitori, quello che vediamo in casa è il giusto ed equilibrato andare delle cose, il protocollo di ciò che consideriamo una sanità mentale.

Adoriamo i nostri genitori per questo, ci mantengono al riparo da qualsiasi anomalia. Così non esiste l’ipotesi che loro, per primi, possano essere un’anomalia, una malattia. Non esistono madri malate, ma solo stanche. I padri non falliscono mai, sono a volte nervosi. Una certa infelicità, che preferiamo non registrare, assume di tanto in tanto la forma di patologia che avrebbe nomi, ma in famiglia non li pronunciamo. L’uso di medici è sgradito e, nel caso, ridimensionato alla scelta di medici amici, consueti alla casa, poco più che confidenti.

Dove servirebbe l’aggressione di uno psichiatra, si preferisce la bonaria amicizia di dottori che conosciamo da una vita, spesso altrettanto infelici.
A noi questo sembra normale.         

Così, senza saperlo, ereditiamo l’incapacità verso la tragedia, e la predisposizione alla forma minore del dramma: perché nelle nostre case non si accetta la realtà del male, e questo rinvia all’infinito qualsiasi sviluppo tragico innescando l’onda lunga di un dramma misurato e permanente: LA PALUDE IN CUI SIAMO CRESCIUTI.

È un habitat assurdo, fatto di dolore represso e quotidiane censure. Ma noi non possiamo accorgerci di quanto sia assurdo perché come rettili di palude conosciamo solo quel mondo, e la palude è per noi la normalità.

Per questo siamo in grado di metabolizzare incredibili dosi di infelicità scambiandole per il doveroso corso delle cose: non sfiora il sospetto che nascondano ferite da curare, e fratture da ricomporre. Allo stesso modo ignoriamo cosa sia lo scandalo perché ogni eventuale devianza tradita da chi ci sta attorno la accettiamo d’istinto come un’integrazione solo inattesa al protocollo della normalità.”
Tratto da Emmaus di Alessandro Baricco

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