Al tramonto, su una spiaggia isolata, arriva un gruppo di
persone. Accendono un fuoco, cucinano, ridono, fanno chiasso, mangiano, bevono.
A tarda notte, si allontanano lasciando sulla sabbia bottiglie, piatti di
carta, avanzi di cibo. All’alba, sulla stessa riva, giunge un altro gruppo di
persone: si siedono in silenzio a contemplare la bellezza del luogo. Fanno
colazione e prima di andarsene, raccolgono i rifiuti loro e quelli di coloro
che li hanno preceduti. Senza battere ciglio. Dopo il loro passaggio, la
spiaggia è tornata pulita.
Due modi di stare al mondo: inquinare, sporcare, abbruttire;
ripulire, riportare ordine e bellezza. Pensare solo a sé; occuparsi del bene
comune. Prendere il più possibile, indifferenti agli altri e alla natura;
provare piacere nel donare, condividere, prendersi cura. Il primo modo, narcisistico, diffuso in ogni parte del mondo,
sta distruggendo il pianeta. Il secondo modo, in armonia con l’ambiente e con l’animo umano, che sta cercando disperatamente di conservarlo in una sorta di
armonia del tutto. In gioco non c’è solo la nostra sopravvivenza materiale, ma
prima ancora la nostra spiritualità e salute mentale.
Il narcisismo collettivo ha creato un campo di sofferenza a
livello sociale e individuale. Conflitti, guerre, separazione, rabbia, invidia,
insoddisfazione, ansia, depressione, paura ne sono la conseguenza. Più si riduce il contatto tra esseri umani, più diminuiscono
le relazioni sane all’interno delle quali vivere e più aumenta la dipendenza da
farmaci, droghe, alcolici, televisione, oggetti. Ci si sente separati e in
conflitto e si cercano soluzioni nell’anestetizzarci e isolarci sempre più.
Anche quando siamo in compagnia, in realtà siamo isolati dentro, perché abbiamo
spesso perso la naturale capacità di amare. Senza accorgercene, ci
autoescludiamo attraverso il moltiplicarsi dei nostri impegni e delle cose
pratiche da fare. Le nostre conversazioni, sono piene di lamentele, con cui
cerchiamo di sfogare il nostro dolore, o sono superficiali, banali vuote, senza
nessuna profondità emotiva. In ogni caso abbiamo bisogno di un sottofondo, che
chiamiamo musica, televisione, vita mondana, per riempire il vuoto che sentiamo
dentro.
C’è però un luogo della nostra vita in cui non possiamo più
mentire, un luogo dove arriviamo a cogliere la verità: è quando ci ammaliamo
gravemente o ci avviciniamo alla morte. Ed è in quei momenti in cui
comprendiamo davvero ciò di cui abbiamo bisogno. Potremmo arrivare alla stessa
comprensione in un altro momento della nostra vita, anche quando siamo più
giovani e in piena forma. Questo momento dovrebbe essere quello in cui ci innamoriamo, cioè quando apriamo davvero il nostro cuore. Ci possiamo innamorare di una donna o di un
uomo, ma anche di una poesia, di una musica, di una montagna, di un animale.
Possiamo innamorarci di un amico, di un maestro, di una filosofia.
Ma occorre saper distinguere. C’è un falso innamoramento,
narcisistico, che non ci fa uscire da noi stessi: concentrati solo sull’oggetto
del nostro amore, ci rende gelosi e possessivi, ancora di più chiusi verso gli
altri e il mondo. E c’è un vero innamoramento, che collegandoci all’anima
altrui ci fa riscoprire la
nostra. Cambia tutto ciò che credevamo di essere fino a quel momento,
ci fa scoprire davvero chi siamo in profondità. A volte serve passare per rapporti malsani e tossici per arrivare al vero amore.
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