Il soggetto tossico non può
rinunciare alla sua immagine falsa perché dietro non c’è nulla, se non il
vuoto, la rabbia, il dolore. Gli esseri viventi dotati di sentimenti invece
possono rinunciare ad una immagine falsa di sé che protegge altro, in
particolare il proprio ego ferito. L’immagine è un messaggio contenete una
totale o parziale falsità, una mistificazione della realtà per coprire qualcosa.
Un esempio tipico è la lamentela costante della vittima di un rapporto tossico
che in tal modo rigetta ogni tipo di responsabilità. Della serie, è il partner
narcisista ad essere la causa della mia sofferenza, la colpa è sua io non
centro. Scaricare la responsabilità
toglie il peso dei sensi di colpa, dell’inadeguatezza, delle paure che non si
vogliono affrontare. Liberarsi dal peso dei proprio errori, per addossarli agli
altri (persone, società, natura, destino, sfortuna, carnefice, vampiro emotivo…). Il mantra è dominare, evitare di
essere dominati, avere ragione, attirare l’attenzione su di sé, che sono tutti
guadagni temporanei e illusori. Il prezzo da pagare per tutto questo è la
serenità, la vitalità, la creatività, la gioia di vivere.
Ma cosa significa immagine? In
che modo differisce dall’identità? L’immagine di sé è una struttura falsa, un’immagine
appunto, non la realtà. Ogni
volta che si crea un’immagine di se stessi si nega la propria vera natura. Se
la fragilità fa paura, allora si supera la paura con una compensazione, e ci
si convince di essere più forte della media gonfiando i muscoli in palestra. Se si ha
paura di essere stupidi ci si crea l’immagine di essere intelligente. Se si ha paura
di essere brutti, ci si crea l’immagine di persone eleganti e curate. Quindi c’è la
paura, poi la compensazione, poi l’immagine che non è altro che un'illusione. La
cosa più grave è che col tempo la paura scende sempre più nell’ombra e l’immagine
positiva assume l’aspetto della realtà, una forma illusoria e protettiva
diventa la persona stessa. Per questo risulta difficile abbandonarla. E per
questo si cercano persone attorno che confermino questa immagine.
Ciò che viene negato e rimosso
alimenta l’ombra e viene proiettato fuori. Se non si riconosce l’aggressività perché
se ne ha paura, la vediamo regolarmente negli altri. Per la stessa ragione
quanto più si è attaccati all’immagine di persone amabili, tanto più si è
suscettibili rispetto a ciò che la mette in dubbio. La scissione tra bene e
male in realtà non esiste. L’idea che ci sia un male da sconfiggere e un diavolo
da allontanare è fuorviante e falsa. L'etimologia di "diavolo" significa
"colui che separa". La dissociazione è un meccanismo di difesa da una
sofferenza non digeribile, non spiegabile. In un certo senso il diavolo esiste veramente, ma è anche una forma pensiero prodotta dalla nostra coscienza che ha bisogno di vivere
nella separazione.
Se vogliamo vivere in modo adulto, consapevole, maturo,
occorre tenere insieme aspetti divergenti tra loro, occorre in
primo luogo che accettiamo il male dentro di noi e fuori di noi, per poi decidere
cosa fare. Vuol dire che tutte le volte che ci pensiamo separati dal male, che lo vediamo come un nemico da sopraffare, o che temiamo di fare del male perché vogliamo
agire al di fuori del percorso "normale" chiesto dagli altri, in
realtà stiamo facendo qualcosa di divino e diabolico allo stesso tempo.
L'aspetto profondo della questione è che dobbiamo assumerci la responsabilità
della scelta. Siamo abituati a mettere le nostre ombre in un angolo e negarle, ma
questo crea il malessere. Cercare di essere buoni è una illusione, Jung invita
a non essere buoni ma piuttosto a essere integri. L'unico scopo per cui siamo
qui, infatti, è integrare dentro di noi i piani alti e profondi dell'esistenza
tenendo uniti bene e male, bello e brutto, giusto e sbagliato. Vedo il male, lo riconosco, lo accetto, ma poi scelgo di
conseguenza.
Nessun commento:
Posta un commento