giovedì 21 settembre 2017

La vittima deve farsi una vera identità



Probabilmente la cosa più importante è sapere chi si è, cioè riuscire a ricavare dal contesto familiare e sociale una vera identità a se stessi. Nessuno di noi nasce senza bagagli, di questo ne dobbiamo essere consapevoli. C’è una realtà che ci precede, un mondo che ci precede nel quale noi entriamo e cresciamo con il compito principale di costruirci un’identità. Alle spalle abbiamo dei bagagli che ereditiamo, ma se questo ci precede, mano a mano che noi cresciamo e cominciamo a porci delle domande, dobbiamo confrontarci con una soggettività che sa assumere, capire e quindi scegliere. Fare una scelta significa arrivare a dei si e a dei no. Qui c’è il cammino difficile della costruzione della propria identità.
 
Semplificando, l’essere umano viene al mondo immerso in un certo tessuto sociale e con una base genetica sulla quale però tanto può essere ancora scritto e modificato. Non possiede un vero e proprio “Io” o una personalità del tutto formata, ma ha una sorta di talento innato che può trasformarsi e cambiare in una cosa oppure in un’altra.
 
Se non si arriva alla propria identità è come se non si fosse autorizzati a vivere. E purtroppo tutte le vittime sanno quante volte succede questo, e per quante la non formazione di un’identità le fa dipendere da soggetti tossici, rimanendo ingabbiate in rapporti che fanno solo soffrire, che le rende succubi da qualcuno che le ipnotizza, rispetto al quale non sono assolutamente capaci liberarsi. La vittima non ha colpe, ma l'incontro col narcisista psicopatico è un'ottima occasione, perché dopo aver capito chi si ha di fronte si deve essere capaci di dire dei no e di fare delle scelte, che equivale al formarsi un'identità più vera e solida.

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