mercoledì 29 novembre 2017

Comportamenti ripetitivi nei rapporti tossici


Vittima e carnefice di un rapporto tossico sono accomunati da un tragico destino di cui il più delle volte sono inconsapevoli. Vivono in un mondo piccolo anche se pensano di essere nella prateria. In particolare si ripetono, sempre e comunque. Replicano gli stessi comportamenti come un mantra, o un'avemaria. Mettono in scena senza sosta lo stesso atteggiamento, pensiero, modo di agire e reagire. La ripetizione come stile di vita o come condanna. L’unica differenza è che uno soffre e ne è consapevole, l’altro no perché ritiene sempre di essere nel giusto e il migliore. Limitandosi alla vittima, il bisogno incessante di ripetere situazioni dolorose è forse la cosa più interessante, e in merito ci sono diverse teorie e diversi punti di vista.
 
Semplificando, per alcuni la “vittima è solo una vittima”, nel senso che diventa uno schiavo affettivo esclusivamente in seguito ad un potente abuso e ad una fortissima manipolazione. Secondo questa teoria chiunque può cadere nella trappola a prescindere dalle qualità e dal vissuto. Per altri le prede sono perlopiù dei “complementari”, cioè persone che cercato e vogliono inconsciamente un aguzzino come partner perché hanno ferite passate non elaborate. È molto probabile che la verità stia in mezzo, e che esistano nella realtà mille sfumature legate ad ogni specifica situazione e all’unicità di ogni individuo. Ma aldilà delle teorie, l’unica via di uscita è sempre e solo: comprendere la situazione attraverso la consapevolezza, accettare la realtà così com’è, scappare e instaurare il contatto zero, o quantomeno prendere le distanze emotive adottando la strategia della pietra grigia.
 
Ma è innegabile che, in alcuni casi, la coazione a ripetere si palesi prepotentemente come una manifestazione dell’inconscio molto forte che può assumere un aspetto davvero demoniaco perché ostacola ogni cambiamento, porta al voler rimanere a tutti i costi in situazioni che fanno male. L’essere umano è capace di trovare un godimento nella propria sofferenza, anche se tutto ciò sembra assurdo. Si può arrivare persino alla ricerca attiva del dispiacere per conservare uno stato di eccitazione e tensione che dimostra come alcune persone non possano o non vogliano stare bene anche se a parole dicono il contrario. È come se la vita si fissasse ad un piacere perverso a cui rimanere per sempre fedeli. Si gode nel volersi male e nel fare di tutto per non modificare lo stato delle cose invece che cercare di stare bene in sintonia con i proprio bisogni e desideri.
 
La ripetizioni può avere origini famigliari, cioè si ripete di generazione in generazione un qualcosa di irrisolto, perché ogni esistenza è enormemente influenzata da chi lo ha preceduto. Così ad esempio la storia paterna si può ripetere nella storia del figlio, come se si assistesse ad una replica del sospeso paterno. Oppure alla base può esserci un trauma non elaborato. Un avvenimento o più avvenimenti ripetuti che congelano e invadono la persona. Ma nessuna ripetizione potrà ridare ciò che è stato perduto o potrà da sola sanare quella sofferenza. E senza il problema o il sintomo la vittima non sa come fare, perde l’identità. Però sa anche che il sintomo alla fine porterà alla distruzione. Nei casi più gravi la vita e il problema finiscono per sovrapporsi, l’una non è pensabile senza l’altro.

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