È alquanto insufficiente la ricerca di un antidoto se ci si
limita alla condanna, allo sgomento e alla solidarietà che accompagna gli
orrendi fatti di cronaca che si verificano periodicamente. Sono soprattutto vittime
della rabbia di persone alla ricerca di vendetta. Non basta neppure aumentare
le misure di sicurezza e l’inasprimento delle pene come antidoto. È necessario comprendere la
rabbia repressa che c’è alla base, e se possibile elaborarla e trasformarla in
altro, fare di tutto per tramutarla in una energia non distruttiva e mortale.
La rabbia e la vendetta sono reazioni emotive comprensibili, ma
devono essere incanalate nel modo giusto, soprattutto per evitare atti di una
simile violenza inaudita. La rabbia diventa ancora più pericolosa quando è ancorata a
convinzioni religiose, misogine, omofobe, passionali. La rabbia può originare
stati d’animo agghiaccianti con veri e propri deliri di risarcimento, con
fantasie di rivalsa aberranti. Alla base c’è una rabbia primaria,
assoluta, senza limiti che ha origini lontane nelle relazioni famigliari e sociali.
L’impossibilità
di elaborarla porta a difese aggressive, sadiche e feroci. La rabbia è come il
vapore di una pentola a pressione che serve per cuocere qualcosa, ma la pentola
ha bisogno di valvole di sfogo altrimenti diventa una bomba. Non è la rabbia in
sé ad essere pericolosa, è pericolosa quando non viene compresa, elabora, e
sfocia in atti di una violenza assoluta.
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