Vittima e carnefice di un rapporto tossico sono
accomunati da un tragico destino di cui il più delle volte sono inconsapevoli.
Vivono in un mondo piccolo anche se pensano di essere nella prateria. In
particolare si ripetono, sempre e comunque. Replicano gli stessi comportamenti
come un mantra, o un'avemaria. Mettono in scena senza sosta lo stesso
atteggiamento, pensiero, modo di agire e reagire. La ripetizione come stile di
vita o come condanna. L’unica differenza è che uno soffre e ne è consapevole,
l’altro no perché ritiene sempre di essere nel giusto e il migliore. Limitandosi alla vittima, il
bisogno incessante di ripetere situazioni dolorose è forse la cosa più interessante,
e in merito ci sono diverse teorie e diversi punti di vista.
Semplificando, per
alcuni la “vittima è solo una vittima”, nel senso che diventa uno schiavo
affettivo esclusivamente in seguito ad un potente abuso e ad una
fortissima manipolazione. Secondo questa teoria chiunque può cadere nella trappola a prescindere dalle qualità e dal vissuto. Per altri le prede sono perlopiù dei “complementari”, cioè persone che cercato e vogliono
inconsciamente un aguzzino come partner perché hanno ferite passate non
elaborate. È molto probabile che la verità stia in mezzo, e che esistano nella
realtà mille sfumature legate ad ogni specifica situazione e all’unicità di
ogni individuo. Ma aldilà delle teorie, l’unica via di uscita è sempre e solo: comprendere la situazione attraverso la
consapevolezza, accettare la realtà così com’è, scappare e instaurare il
contatto zero, o quantomeno prendere le distanze emotive adottando la
strategia della pietra grigia.
Ma è innegabile che, in alcuni
casi, la coazione a ripetere si palesi prepotentemente come una
manifestazione dell’inconscio molto forte che può assumere un aspetto davvero
demoniaco perché ostacola ogni cambiamento, porta al voler rimanere a tutti i
costi in situazioni che fanno male. L’essere umano è capace di trovare un
godimento nella propria sofferenza, anche se tutto ciò sembra assurdo. Si può
arrivare persino alla ricerca attiva del dispiacere per conservare uno stato di
eccitazione e tensione che dimostra come alcune persone non possano o non
vogliano stare bene anche se a parole dicono il contrario. È come se la vita si fissasse ad un piacere
perverso a cui rimanere per sempre fedeli. Si gode nel volersi male e nel fare di
tutto per non modificare lo stato delle cose invece che cercare di stare
bene in sintonia con i proprio bisogni e desideri.
La ripetizioni può avere origini
famigliari, cioè si ripete di generazione in generazione un qualcosa di
irrisolto, perché ogni esistenza è enormemente influenzata da chi
lo ha preceduto. Così ad esempio la storia paterna si può ripetere
nella storia del figlio, come se si assistesse ad una replica del sospeso
paterno. Oppure alla base può esserci un trauma non elaborato. Un avvenimento o più avvenimenti ripetuti che congelano e
invadono la persona. Ma
nessuna ripetizione potrà ridare ciò che è stato perduto o potrà da sola sanare
quella sofferenza. E senza il problema o il sintomo la vittima non sa come fare, perde l’identità. Però sa anche che il sintomo alla fine
porterà alla distruzione. Nei casi più gravi la vita e il problema finiscono per sovrapporsi, l’una non è pensabile senza
l’altro.
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