giovedì 21 dicembre 2017

Condizioni di amabilità e rapporti tossici



Ogni genitore, anche il più affettuoso e amorevole, più o meno consciamente, impone delle condizioni di amabilità al figlio, cioè comportamenti e atteggiamenti da cui dipende il fatto che si senta accettato, visto, riconosciuto, amato appunto. Se non vai bene a scuola sei una persona pessima. Se esprimi aggressività sei cattivo e non vai bene. Se non guadagni molto sei un fallito… Tutte le famiglie a ben vedere creano le loro condizioni di amabilità in cui i figli vengono imbevuti per svariati anni. Poi è facile che da adulti questi figli, ripetano queste condizioni e ripropongano gli stessi schemi e condizionamenti, oppure si ribellino facendo l’esatto contrario. In entrambi i casi si rimangono schiavi di un automatismo senza essere mai davvero liberi. Si perché anche quando ci si contrappone facendo l’opposto in realtà si è sempre prigionieri dello stesso meccanismo originale. In poche parole si cambia solo spacciatore, ma non la dipendenza da quel modello di comportamento interiorizzato. La libertà non è scegliere tra sì e no, giusto e sbagliato, vero e falso, che è quello che ci insegnano. Quando si è di fronte a un bivio si è già degli uomini macchina, perché si reagisce solo senza decidere consapevolmente e liberamente.
 
Esistono tre tipi di uomini: gli uomini schiavi, ognuno di noi quando è nella reattività è un uomo schiavo, cioè non riesce a non fare una cosa; poi esistono gli uomini macchina, quelli che in una situazione possono scegliere in maniera alternativa tra sì e no; poi esistono gli uomini liberi, che sono quelli che di fronte a ogni situazione hanno sempre almeno tre possibilità. Davanti ad un piatto di pasta scotta devo poter decidere di mangiarla come facevo da piccolo, di non mangiarla perché non mi piace, di non scegliere, di pensare ad altro, di saltare il pasto, di uscire e mangiare altrove. All’interno di un rapporto sono libero se ho più possibilità di scelta che non mi limitino ad accettare o meno certe condizioni che mi vengono imposte.
 
Contribuiamo alla felicità degli altri essendo felici. Ci hanno insegnato una cosa che non è vera: non è soffrendo per la sofferenza degli altri e moltiplicando la sofferenza che aiutiamo gli altri, è dando un esempio di pace, serenità, voglia di vivere, che noi aiutiamo davvero chi sta vicino a noi. Lo scopo di ogni essere umano è stare bene! Posso stare bene ed essere contento includendo gli altri! Il rispetto o la contrapposizione alle condizioni di amabilità senza valutare come ci sentiamo dentro non fanno stare bene. Così facendo non ci basta mai, manca sempre qualcosa, e ci sentiamo come un criceto nella ruota. Per questo, magari capita che esci da un rapporto tossico attraversando un dolore insopportabile, e senti un benessere che non hai provato prima. Se un essere umano è ridotto a non sentire più se stesso, ma a reagire solo perché altrimenti non si sente degno di amore, non potrà mai trovare pace ed essere davvero felice. Non dovremmo stare in una relazione per raddoppiare le sofferenze. Le relazioni dovrebbero essere un aiuto amorevole, reciproca valorizzazione, comprensione e compassione rispetto alla diversità.

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